L’EMPATIA DI OGGI

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L’EMPATIA DI OGGI
Ecco una parola a cui mi sento particolarmente legata, e dovrebbe essere cosi per tutti, ovvero: empatia. In essa è presente tutto ciò che potrebbe spiegare i problemi legati alla persona (e non solo di oggi), ma soprattutto la loro soluzione. Ci stiamo davvero battendo con diversi gruppi, sociali, religiosi, politici per temi importantissimi, che sentiamo cosi fortemente dentro, eppure nelle piccole realtà di ogni giorno, stiamo dimostrando di non possedere tutta questa grande comprensione del dolore altrui, almeno che non arrivi a pestare  i piedi a quei sogni interiori a cui non sappiamo mai del tutto arrivare. Si parla tantissimo di empatia con gli animali, per i bambini maltrattati, per i nuovi generi sessuali, le guerre, le malattie, i poveri, i disagi giovanili dovuti alla società, la natura sfruttata e modificata, e tanto altro. Ma tra le quattro mura della nostra piccola “casa” , ciò che proviamo di fronte lo specchio è misero orgoglio e non empatia per chi ci vediamo dentro. Solo a noi è sempre lecito tutto infatti, anche le mancanze.     

LA VERA EMPATIA UTILIZZATA
Nel mentre che ci facciamo vedere interessati a discorsi molto importanti, agli altruismi, al combattimento contro ciò che è sbagliato, stiamo solo alimentando una piccola parte di noi, quella che deve sentire di fare qualcosa, e di conseguenza va rispettata e se possibile giornalmente ammirata. Siccome non è sempre cosi, e per primo in casa propria, dove esiste un conflitto più o meno marcato, che comincia con i propri genitori, si tende a far fiorire un giardino di buoni propositi,  fuori dai dissidi più importanti, senza mai cosi risolverli. Riserviamo una fortissima empatia con fredde macchine, con immagini vere o create, di gente e posti ben lontani dal presente vissuto. Questo ci ricarica di autostima, siamo interessati un po’ a tutto e vogliamo poter dire la nostra, apparendo in quel mondo almeno in parte artificioso, quello che vorremmo essere. Forse lo siamo già ma non del tutto. Sto con molto piacere constatando il corretto pensiero di certi studiosi di psicologia, che consigliano ai nuovi adulti-genitori di non smettere di raccontare fiabe, ai loro bambini. Perché il discorso è talmente ampio da riguardare tutti noi: ciò che ormai prendiamo come realtà, non ci da la possibilità di combattere i nostri conflitti interiori ma li alimenta continuamente. Sono ormai le nostre, solo continue fughe, desideri che non danno spinte, intrappolandoci insomma  giorno per giorno, e ripetendosi.
Cari lettori, non dico che di fronte le sciagure bisogna rimanere impassibili, ma di ponderare bene, se queste lacrime ed indignazioni, possono realmente dentro di noi, portarci a cambiare. Che senso ha dare una mano, una bella parola, mentre manca l’empatia verso chi soffre, proprio in parte e non lo vediamo? Si è vero, a volte diciamo che ci danno ad esempio più gli animali delle persone, oppure che un carissimo amico è stato l’unico a esserci stato vicino, piuttosto di compagni o parenti … ma abbiamo mai ascoltato proprio bene le parole di quello che chiamavamo il nostro nemico? Perché quello che più è difficile nella vita è dare ragione a qualcuno che ci dice sinceramente, quello che vede di noi, e tendiamo a nascondere. Oppure si, avvertiamo la sofferenza e facciamo finta di nulla per preservare quello che chiamiamo falsamente il nostro “equilibrio”,  il nostro piccolo recintato bel giardino. Non sapremo mai del tutto, con chi ce la stiamo prendendo, ma conosciamo abbastanza bene noi stessi, ed è giusto cominciare da li, portando fuori proprio ogni lato, anche se di certo non attirerà almeno in fatto di apparenza tutti quei consensi che andiamo a ricercare intorno. Diamo fiducia quindi, molto spesso alle persone sbagliate, in base ai nostri interessi, alle finte classifiche di gradimento. Ma la vita porta anche a ricredersi … ed un giorno il massimo che si possa fare con tatto ed empatia è dire uno scusa, un avevi ragione, un grazie.
Perdonare è possibile per prima cosa perdonando sé stessi.

I METODI DI GIUDIZIO
Secondo la mentalità maggiormente diffusa dell’oggi , niente ci fa più importanti o più unici, in base a qualcosa che si possa solo vedere o leggere. Anche far parte di ambienti importanti o rientrare in canoni fisici, di prestigio, di possesso. Ebbene la parte più bella della vita è come è in grado di sorprenderci a volte, con le sue risposte più grandi, dove meno si pensava possibile trovarle. Per questo un piccolo gesto, oppure anche una separazione dolorosa, può in futuro essere una vera e propria chiave di svolta. E’ cosi difficile, l’empatia del vero amore, dove non esiste l’egoismo del possesso, oppure della paura del perdere, della solitudine, del doversi dire chiaramente: ho sbagliato anch’io!  In qualche modo nella nostra mente, e nelle nostre esperienze, costruiamo filtri e protezioni, la storia certo si ripete e insegna, ma invece che limitare, perché non cambiare gli stessi eventi e renderli positivi?
Il pregiudizio limita sensibilmente l’empatia. Anche se per controsenso, da un’altra parte continuiamo imperterriti con gli stessi errori, cambiamo solo persone o scenari.
Non limitiamo quindi la possibilità di condividere, sia il dolore che la felicità, con nessuno, e appena capiamo di essere noi giudicati cosi, per interesse o difetto, non si rimanga male, tutti hanno il diritto di dire la loro, ma di volerci cambiare questo no! Questo malsano desiderio è la radice dell’amore malato.
Gli eventi della vita ci porteranno comunque per una strada più o meno lunga, verso la realizzazione,  dipende sempre e tutto solo da noi, ci deve essere una volontà interiore al cambiamento, alla scelta. Quello che serve a tutti è sincerità, lealtà e fatti coerenti nell’incontro di diversi pensieri.

Tao terraTOGLI LA TRAVE E NON LA PAGLIUZZA
Ci vengono da sempre nella storia, fatti presenti i nostri modi sbagliati anche nel portare i buoni propositi. Il massimo esempio si possa fare con l’empatia oggi, è quella di spaziare fuori anche dai nostri soliti interessi, non aprire quindi una porta e chiuderne altre cento, bisogna capire cosa ci sia anche nel contrario dei nostri valori. Come nel tao orientale, per raggiungere la completezza si passa in un circolo di bianco e nero bene integrati tra loro.
Basta allora indicare gli errori, ma ammettere i propri per primi. Farne insegnamento. Ci sono sempre più bambini che nascono con la mancanza di empatia, questo è un grande male di oggi. Ma la cosa davvero triste è che tanti adulti ne sono rimasti privati con il tempo  e neppure se ne accorgono.
L’autismo è una malattia sempre più in aumento, e non se ne parla molto, si può dare a una sventura tanto grande, pure una parola scientifica, ma pur sapendo che oltre ad essere una fatalità genetica, è ampiamente portata anche da sostanze di cui i genitori hanno fatto uso, oppure dagli stessi vaccini oggi raccomandati per i piccoli. Che diventano poi dei portatori anche sani di conseguenza ai loro figli. Va fatta ricerca su questo tema delle cause, io sto esprimento la mia opinione, ma non sono un medico.
Se da una parte si tende a stimolare un’empatia forte ma infine sterile per la società, dall’altra sempre più l’individuo tende a isolarsi, a chiudersi in sé stesso e non avere alcuno stimolo per cambiare il vero disagio che si riassume semplicemente cosi: con la mancanza di amore, del dare e ricevere.

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Un topolino in questo momento è chiuso nella sua gabbia, per un esperimento che rivelerà un giorno come indurre la mancanza di empatia (come nell’autismo), in soggetti sani, dopotutto la scienza non si ferma solo alla causa, spesso creando l’effetto. Con i giorni il nostro piccolo anonimo “amico” arriverà a non considerare più gli altri compagni prigionieri con lui, prenderà la sua medicina, respirerà, mangerà, correndo poi per ore nella ruotina. Sempre le solite azioni, fino alla morte, così, senza nemmeno accorgersi di chi fosse, e di che senso ha avuto la sua piccola vita, forse pure soffrendo  anche con atroci agonie prima.
Ma tanto che importa è solo un piccolo topo … no?!

Ci ha salvato la vita forse, studiando un vaccino contro l’amore? La vera domanda però è questa: chi vuole mai trovarci qualcosa di buono per l’umanità togliendo radicalmente proprio quello che la potrebbe salvare?
Non so voi, ma mi sento anche troppo come quel topo in gabbia.
Questa è empatia.

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