La favola che parla di genitori e figli

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LA FAVOLA CHE PARLA DI GENITORI E FIGLI.

LO SPIRITO NELLA BOTTIGLIA: UN’ANALISI MODERNA.

Continuando il bellissimo viaggio nel mondo delle favole antiche, per trovare le grandi morali anche di oggi, ci si imbatte in una delle storie prese ad esempio tra le prime, per spiegare i conflittuali rapporti tra genitori e figli. E’ usato non cosi spesso, come in questo caso il confronto letterario di un padre e del figlio maschio, anche perché tale rapporto viene considerato forse il più toccante, tacito e sicuramente sofferto molto in profondità, quindi difficile sia da descrivere che da assimilare. La psicologia, specie infantile, invita a non censurare le vecchie fiabe, dove sta tutta la saggezza che risiede in noi stessi, pensiamoci. Perché dovrebbero venire cambiate o lasciate da parte? Sono dirette all’anima e non al bisogno di prepararsi ad entrare nell’attuale società fittizia che ha  molto tolto, con la sua immagine  invece di dare qualcosa in più. Leggendo la favola “Lo spirito nella bottiglia”( la trovi a questo link), cerchiamo quindi di capire, quello che sentiremo poi rispecchiare anche nella nostra realtà, e vediamo come il bambino (e anche noi) immedesimandosi nel protagonista può liberarsi dal pericolo che in questo caso non è tanto dato dal mostro, ma piuttosto  dalla considerazione che il padre ha del proprio figlio.       

 Intanto fin dal principio si evince una cosa su tutte. Questo padre, uomo semplice, ha un solo figlio su cui poggia tutto il suo bisogno di riscattare la propria triste e ripetitiva vita, passata solo a lavorare duramente. Vorrebbe quest’uomo con la vecchiaia, riposarsi ma pure non doversi più preoccupare di nulla, perché tanto ci sarà il figlio a farlo. Lo dimostra il fatto che tutto il senso del suo lavoro, e dei suoi sacrifici, finiscano nella sua ambizione, di mandare il figlio a scuola, è lui che sceglie, è sempre lui che mettendo il denaro, non da libero spazio ai veri desideri e tendenze emotive del figliolo.

Già di per sé è un fardello piuttosto gravoso, sulle spalle di questo giovane, ma è solo l’inizio … finiscono i soldi e comincia la tragedia: ogni sacrificio non è servito a niente! Il padre ha indubbiamente una vecchia mentalità, rivede suo figlio tornare con le mani in mano come dice lui stesso, sebbene in realtà  con la voglia di fare, e di aiutare. Ma resta per l’adulto una sconfitta, quella di rivedersi fino alla fine dei suoi giorni, a far legna e calli, nel ritorno a casa del giovane, i suoi desideri vengono infranti.

C’è assolutamente un che di egoista, lo possiamo avvertire, il figlio è per il vecchio come un prolungamento di sé, che non può continuare il suo mestiere da spaccalegna, quindi non può affezionarsi a tale semplice e dura vita,  perché deve invece fare il contrario, andare per il mondo, diventare qualcuno di grande e potente, non importa quello che vuole davvero.

Ah!” disse il padre tristemente, “non ho più nulla da darti, e in tempi così difficili non posso neanche guadagnare un centesimo in più del pane quotidiano.

Ebbene, questo è tutto quello che ha da dire, dopo molto tempo che non si rivedevano, prima ancora di un elogio per lo studio in parte compiuto, o un semplice: come stai? Si mettono le mani avanti: << figlio mio, non chiedermi niente, lo sai che tempi sono>>.  Ma pur sapendo fin dal principio i tempi che erano, ha comunque inseguito un grande sogno, usando suo figlio, non insegnandogli assolutamente  invece a partire da zero, dal basso, dall’imparare dalle cose piccole della vita.  Trasmettendo quell’umiltà con cui lui stesso è cresciuto. Quello che serviva a suo figlio era un po’ di lavoro duro, imparando un mestiere, mettendo da parte qualche risorsa in più e poi magari studiare.

“faresti troppa fatica; non sei abituato ai lavori pesanti, non resisteresti; e poi ho soltanto un’ascia e non ho denaro per comprarne un’altra.”

Caro padre della storia, ma cosi simile a tanti altri del nostro mondo reale, ti rispondo: se sono cosi fragile e incapace lo devo a te. Se non hai più soldi è stata una tua scelta, potrei accusarti invece di non poter andare avanti con gli studi, ma invece mi offro di aiutarti, e di mettere da parte la mia vita, per la tua, che comunque a parte le tue incapacità a cambiare, l’hai portata fino a qui anche dignitosamente. Sono io quello senza dignità!

andrò un poco in giro per il bosco in cerca di nidi

Dopo il titubante inizio nel lavoro con il padre, si avverte nell’animo di questo ragazzo davvero molto, intanto curiosità, di vedere le cose del mondo. Di godere della libertà, finora impossibile, chiusa dai progetti pressanti di altri, dalle aspettative, dai sensi di colpa. Ecco quindi il giovane, allontanarsi seguendo un istinto.

E nel mentre lo fa, finalmente fuori portata  al gioco del padre-padrone, ecco accadere la sua fortuna!

Il genio malevolo, lo interpreto come le occasioni della vita, che poi più o meno siamo in grado noi di rendere il nostro destino.  Un destino che era già scritto, ma che aveva bisogno anche dei passaggi meno chiari, quelli ad esempio di dover tornare al conflitto tra padre e figlio nuovamente, il pesante materialismo contro la leggera piuma dell’idealismo.

Porse allo studente uno straccetto simile a un cerotto e disse: “Se con un capo tocchi una ferita, guarisce subito; e se con l’altro tocchi ferro o acciaio, lo tramuti in argento.”

Queste cose però vuol sottolineare la fiaba, non accadono a tutti, ma a chi sa farne buon uso e in modo più umile possibile. Cosa avrebbe mai imparato il padre, se subito fosse tornato il figlio con quel prodigioso dono? Se si fosse messo a far argento dappertutto, come nella fiaba di Re Mida, l’ingordigia porta a un finale sempre negativo. Il figlio ha capito bene dove fosse il vero problema, quindi fa finta di nulla, continuando a ricevere i giudizi negativi del genitore, sempre più indispettito.

“Hai dimenticato il lavoro: io l’avevo detto subito che non avresti combinato nulla!” – “State tranquillo babbo, rimedierò.” – “Sì, rimediare!” disse il padre in collera. “Ci vuol altro!”

Mancanza di fiducia, giudizio negativo a prescindere sulla persona del figlio, l’intenzione di proposito di generare un senso di colpa, per sentirsi a posto nella coscienza.

Non hai niente all’infuori di quello che ti do io; hai soltanto grilli da studente nella testa, ma quanto a tagliar la legna, non ne capisci niente!”

gifanimate271114Cattiveria, frustrazione, e uova rotte nel paniere. Ma fare figli non si limita solo a quello che possono darti economicamente, una volta era cosi forse, e visto che i tempi sono “difficili”, diversi, quello che serve oggi è dare fiducia alle scelte altrui, non forzarle, non rendere i figli quelle persone che non siamo stati noi per i nostri genitori.  Bisogna stare attenti certo, ma lasciamo il più possibile  i ragazzi liberi, sapranno poi distinguere con l’esperienza  ciò che è bene o male, l’importante è che non continuiamo a ripetergli che non sanno fare, che non possono, che non capiscono.  Continuamente. Continuamente.

Diede al padre cento scudi e disse: “Non ve ne mancherà mai, vivete comodamente.” – “Dio mio,” disse il vecchio, “come hai fatto ad avere tutta quella ricchezza?”

Fino alla fine quindi, avrebbe continuato a insultare, blaterare, se non di fronte a quello che sembrava volesse fin dal principio,“ricchezza”per sé solo. La vecchia generazione, forse ha capito che ci sta tanto lavoro anche nel conseguire di oggi? Che non importa quello che hai per riuscire ma chi sei interiormente?

Diede al padre quello che voleva, 100 scudi una bazzecola di poco conto, rispetto a quanto avrebbe potuto avere. Ma forse solo noi possiamo capire leggendo da fuori, il vero animo e il cuore del giovane che invece per sé, tenne il dono del guarire gli altri, diventando il più grande medico del mondo.

dueascebluCONCLUSIONE FINALE.  Liberiamoci dal senso opprimente che da sempre ci fa sentire in debito verso i nostri genitori. In realtà se hanno fatto qualcosa per noi, è stato per riparare a fatti dovuti al loro comportamento, al loro poco esprimere sentimenti, se non portare ogni discorso verso l’impegno al profitto, motivazioni che si scoprono poi poco nobili e più personali. Questo non dipende dai nostri tempi, è sempre stato cosi da generazioni, ma con l’annientamento dei valori, è più difficile aver pazienza, rispetto, comprensione di questi anziani cosi indietro, in un mondo che cosi velocemente sta cambiando.

Ma vedo anche genitori che seguono i tempi, e come Pinocchio nel paese dei Balocchi, si perdono via, i figli finiscono per diventare compagni di gioco, e tutto cosi va a rotoli. Serve disciplina sempre, bisogna portare avanti quel briciolo di vecchia saggezza che abbiamo dentro. Ai ragazzi serve come non mai.

Allora siccome tutti siamo figli indubbiamente, quello che vorrei dire, è che siccome la maggior parte della nostra vita è stata influenzata dal rapporto avuto con i propri genitori. Non sentiamoci assolutamente a metà per non avergli dato quello che volevano da noi, non rimaniamo incatenati alle loro lamentele, agli insulti e giudizi … andiamo a cercare le nostre occasioni, ma per noi e non per loro!! Sono davvero in pochi quelli che giungono alla loro fine contenti di sé stessi e realizzati, non vorremmo mica finire allo stesso modo! E assolutamente non proiettiamo lo stesso sui nostri figli. Spezziamo la catena, ricostruiamo la speranza, partendo dalla piccola realtà della nostra famiglia.

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