L’ AMORE MALATO VII PARTE: La Famiglia.

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L’AMORE MALATO VII PARTE: LA FAMIGLIA. Un viaggio dal basso verso l’alto.
Per inquadrare bene quale sia il maggior sfogo della malattia globale chiamata Amore malato, dopo aver considerato vari fronti della società, nei miei primi post, ritorno verso quel nucleo chiamato Famiglia, che  è la sua materia prima. Senza di essa infatti non ci sarebbe alcun modello su cui costruire una vita comunitaria. Eppure proprio dal prodotto finale, composto di tante famiglie, arriva anche l’influenza continua, che porta alla divisione, allo sfaldamento e non al rafforzamento di quelle basi tanto fondamentali.
Ormai quasi tutto è fondato su degli oggetti, in primis il denaro, che nella realtà è solo della carta stampata che però può comprare anche i sentimenti, dividere i legami più forti. Si arriva per essi, persino ad azioni contro ogni principio e moralità con i quali si è cresciuti. Ci si accorge di questo male, eppure si continua a galleggiare nel suo gioco supremo, ciò che vuole è tenerci in pugno, lasciarci senza forze.
Ci sono tantissimi esempi quotidiani e sempre più attuali che stanno tagliando le gambe ad ogni componente della famiglia. Non esiste più in questo prezioso insieme, un’ immagine forte e che meriti rispetto. Il più debole va affossato e messo alla pubblica piazza. La barca affonda e torna solo l’istinto di sopravvivenza, che non guarda in faccia nessuno.
Davvero un viaggio doloroso ma illuminante. Sopportare in silenzio spesso non vuol dire fare la cosa giusta.     

NELL’INFINITO DELLA BUROCRAZIA
Tutto pare stia diventando sempre più complicato per in fondo ricevere qualcosa che non ci viene regalato ma ci è dovuto per diritto.
Essendo come dicevo prima, la famiglia il nucleo di ogni cellula di tipo sociale, nella malattia, è quella che sempre soffrirà di più. Leggi, ingiustizie, mancanza di valori, perdite, immaturità, sensi di colpa, si ripercuotono in un calderone sempre all’interno delle nostre case, dove ci si chiude a riccio, e importa poco se anche intorno a noi c’è la stessa sofferenza. Se un parente che fino ad ora non ha avuto rapporti importanti con noi, cade nei problemi ed ha bisogno di aiuto, il senso di colpa del non dare, a una richiesta anche silenziosa, porta a episodi davvero imbarazzanti, quali il parlare male, screditare, puntare il dito per vecchie mancanze.

A un certo punto, è più ingiusto uno Stato che non viene in aiuto di un anziano solo, seppur per speculare sopra numeri e carta stampata, oppure un consanguineo offeso che risponde a vecchi torti, con acidità e cattiveria?

Quello che davvero fa paura, è rinunciare, oppure mantenere il più possibile i pochi mezzi per non cadere, ma perché l’aiuto si deve sempre e solo valutare in termini di soldi? E se fossimo noi i prossimi a cadere? Dovremmo dunque lasciarci morire per non ricevere alcun aiuto? I legami famigliari e di amicizia sono importanti, non per un motivo economico, ma di senso della vita. Un consiglio, un sorriso, un abbraccio, sono importantissimi di questi tempi.
Di fronte alla malattia fisica o a quella sempre più presente della depressione, che è dovuta a un senso di inutilità, di impotenza di fronte ai controsensi anche della società che dovrebbe proteggerci, reagiamo sempre difendendo il lato più materiale. Ciò che è fondamentale per un equilibrio, oggi è una domanda burocratica, spesso respinta, inascoltata. Se non c’è famiglia, cosa può risollevare chi cade nello sconforto?
Quando un sistema è malato, è un continuo attacco che sentiamo alla nostra persona, e non bastiamo da soli a noi stessi, prima o poi si crolla. La vera sconfitta non è il provare ad abbattere i muri dell’ingiustizia, bensì quando lasciamo credere a chi abbiamo vicino, che non c’è speranza. Inevitabile entrare in contatto con le parti più tristi e incomprensibili della vita, ma bisogna reagire a questo con la coerenza, e nel voler ottenere la propria giustizia senza arrendersi. Se qualcosa ci fa male, non bisogna poi evitarla, ma prenderla da un altro lato, comprendere, sopportare e provare nuovamente ad ottenerla come vorremmo.

La più grande forza interiore sta nel perdonare, non reagire però non significa che stiamo autorizzando ancora a prendere su di noi, la stessa mancanza, oppure violenza. Bisogna rendere la pazienza attiva, ribattere il pensiero e mostrarci davvero motivati e in buona fede.
Anche nell’ottenere risultati, ad esempio burocratici, ci hanno sempre fatto credere che bisogna rispondere a un no con una voce ancora più alta e minacciosa. Di fronte agli sportelli abbiamo dipendenti di un sistema, non il sistema stesso! Non siamo mai i soli a dover superare un problema che è di tipo quotidiano-sociale, facciamo quindi un primo passo con il prossimo, creando un gruppo e informandoci su come poter allentare i nodi, non solo della borsa, bensì quelle tensioni che da soli rendiamo muri e inevitabili sconfitte.
Un gruppo può sicuramente avere più possibilità di venire ascoltato, dai piani più alti del Castello, un individuo solo non fa paura a nessuno. Ma va specificato che i modi rimangano sempre il più possibile nel pacifico, la lealtà prima o poi anche se sembra la strada più lunga, arriva a degli obiettivi.
Per questo, famiglie unite e che si danno forza, possono diventare scomode. In esse l’anziano è più tutelato dall’unione con i propri cari e cosciente di come si speculi sulla sua situazione invalidante. Come la coscienza del giovane si identifica nello sfruttamento del suo lavoro, divenuto precario e sottopagato, lo studio come un sacrificio che spesso non ripaga con la sicurezza nel futuro. La donna è nel disagio di non riuscire più solo a fare la mamma e occuparsi della casa, l’uomo non sente più di essere il fulcro che unisce tutti e cerca spesso altrove il senso di “calore”.  Mancanza di ruoli, mancanza di importanza, mancanza di legami. Ecco da dove parte il caos.

EMPATIA TRA UMANA AMMINISTRAZIONE
Per voi lettori, sappiate che qui dentro (mura non solo virtuali) avrete per ogni caso che vi porta a soffrire, la mia più totale comprensione. Non esistono casi più difficili, situazioni più facili di altre, la sofferenza non porta etichette con sopra indicato un peso oppure un prezzo. Nella difficoltà siamo uniti dagli stessi sentimenti, anche di rancore, si piange sempre più da soli e in silenzio, mentre la faccia rivolta agli altri mantiene la maschera, ci si rende nemici e sprezzanti a nostra volta pur di non condividere il disagio.
Ricordo anni fa, parecchi, anche se sembra una storia di oggi, una notte in una grande città incontrai uno straniero, che si barcamenava in questa terra (l’Italia) a lui straniera, per in fondo sopravvivere senza dignità, cosi lontano da casa e dai legami forti della famiglia. Indeciso se fidarsi oppure no, tenendo nervosamente le mani in tasca, finì per raccontarci la sua storia, perché ci vide sinceramente interessati ad ascoltarlo come persona … dieci anni nel nostro stato  e mai aver ricevuto un gesto di affetto e comprensione. Che non vuol dire Carità materiale, ma quella della virtù, amici miei, non soldi e favorini, ma la Carità di un sorriso, o un saluto per chi si vorrebbe sentire a ragione a “casa”, dopo tanto tempo, sentirsi una persona e non una bestia al macello. Nella sua sofferenza, ci trovai anche la mia, nel disagio di non avere una famiglia unita e normale, a quei tempi io stessa in quella che doveva essere per diritto la mia “casa” mi sono sentita straniera, avvolta da meri e subdoli pregiudizi da parte di molti.
Scambiando le nostre storie, finimmo a piangere, tenendoci per mano.
Penso che i buoni intenti siano la forza più grande che possiamo avere, e che superi persino problemi come la fame e la povertà. Quello che davvero conta è venire capiti ed ascoltati. Ecco cosa mi è rimasto di quella esperienza, cosi bella e unica. La grande tristezza è forse non ritrovarla in chi contiamo di più.

ape11LE API PROTETTRICI DELLA VITA
Ricollegandomi al sottotitolo di questo post, “dal basso verso l’alto”, è anche questo un modo per arrivare alla chiarezza, non allontanando chi si trova nel buio più assoluto, per paura, mentre ci siamo noi stessi già dentro da molto tempo senza neppure rendercene conto. Non possono essere degli oggetti a farci più fortunati, continuando ad avvertire forte un senso di colpa, e star cosi male giorno per giorno. Si deve andare in profondità negli abissi, e capire, dividere poi le cellule malate, da quelle buone, come stanno facendo nella loro immensa saggezza le api.
Loro pur trovando ormai nel polline dei fiori, a livelli ormai enormi le sostanze chimiche dei diserbanti, che uccidono i loro figli, non solo ipoteticamente!  Sono state in grado di conformarsi a questo cambiamento, dovuto non alla natura ma da noi, il solito animale che ride, l’uomo. Questi piccoli favolosi esserini, hanno capito il pericolo, e lo allontanano, a costo della vita, separano infatti le sostanze nocive per permettere ai piccoli di nascere e continuare l’esistenza della specie. Cosa che l’uomo non sta facendo, oltre che creare il problema, lo lascia permettere per guadagnarci qualcosa, sulla pelle degli altri. Stiamo distruggendo l’ecosistema mondiale, cominciando da quelli più piccoli e perfetti, le api, la famiglia … riusciamo a capire quello che significa?

“Se un giorno le api dovessero scomparire, all’uomo     resterebbero soltanto quattro anni di vita”.

           Albert Einstein.               apegif2

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